Tutto intorno a noi è traduzione

Qual è la storia di questa disciplina?

Nell’articolo pubblicato sull’uscita 1 del nostro giornale ho dedicato un breve articolo alla figura del traduttore; rimanendo su questo argomento vorrei spiegare come è nata la disciplina della traduzione che rompe le barriere linguistiche di tutto il mondo.

La pratica della traduzione risale molto indietro nella storia e fu importante per la diffusione di testi, concetti religiosi e culturali. I diversi modi di tradurre furono discussi già da Cicerone e Orazio.
Mentre la pratica della traduzione risale a tempi antichi, lo studio è diventato disciplina accademica soltanto nell’ultima parte del 20° secolo. La traduzione era considerata un elemento importante dell’apprendimento della lingua, infatti, dalla fine del ‘700 fino agli anni ’60 l’apprendimento della lingua nella scuola secondaria in molti paesi è stata dominata dalla traduzione grammaticale. Questo apprendimento meccanico dello studio delle regole e delle strutture grammaticali venne prima applicato allo studio del latino e del greco e poi alle lingue moderne. Questo metodo comprendeva traduzioni di frasi di solito non collegate tra loro e costruite artificialmente.

La traduzione di tipo grammaticale perse molto in prestigio con il sorgere di forme alternative di insegnamento come il metodo diretto e l’approccio comunicativo. Quest’ultimo metteva l’accento sulla naturale capacità degli studenti di imparare la lingua e cercava di riprodurre nella classe le condizioni autentiche di apprendimento linguistico. Questo metodo privilegiava le forme orali su quelle scritte e nessun uso della lingua madre da parte degli studenti. Questo portò all’abbandono della traduzione nell’apprendimento della lingua, la quale rimase ristretta a corsi di livelli universitari o per traduttori professionisti.
Negli anni ’60 nascono i laboratori di traduzione per l’introduzione di nuove traduzioni e per la discussione dei principi nel processo di traduzione.
Parallelo a questo c’è l’approccio alla letteratura comparata, dove la letteratura è, appunto, comparata trasversalmente tra nazioni e culture e quindi è necessaria anche la lettura di lavori tradotti.
La traduzione divenne importante anche nel campo della linguistica contrastiva cioè lo studio di due lingue in contrasto nel tentativo di identificare differenze generali e specifiche.
Nonostante la traduzione sia una disciplina antichissima è tutt’ora alla base della nostra comunicazione ed è impossibile negare quanto il mestiere del traduttore sia importante. Dietro i nostri romanzi preferiti, dietro i dialoghi o i sottotitoli dei film che quotidianamente guardiamo c’è un traduttore.

Chiudo l’articolo con una poesia di Juan Vincente Piqueras dedicata proprio ai traduttori.

I traduttori sono una tribù strana sparsa per il mondo
perché spostano il mondo.
Portano mondi da una lingua all’altra.
Ecco il loro mestiere.
Fanno nevicare in arabo, cambiano il nome al mare,
portano cammelli in Svezia,
fanno che don Chisciotte cavalchi su Ronzinante
dalla Mancha in Manciuria.
Fanno delle cose strane, pressappoco impossibili.
Dicono nella propria lingua
cose che mai quella lingua aveva detto prima,
cose che non sapeva di poter dire.
Sono nati da un crollo, quello della Torre di Babele,
e da un sogno: che gli uomini, le anime
che vivono agli antipodi,
si conoscano, si capiscano, si amino.
Sono una tribù muta:
danno la loro voce ad altre voci.
Sono diventati invisibili a forza d’umiltà.
Per secoli sono stati anche anonimi.
Loro, che vivono di nomi e tra i nomi,
non avevano un nome.
Nella liturgia della letteratura
vengono trattati spesso come i chierichetti.
Sono invece i veri pontefici: quelli che fanno i ponti
tra le isole delle lingue lontane, quelli che sanno
che tutte le lingue sono straniere,
che tutto tra di noi è traduzione.
Sono una tribù strana sparsa per il mondo
perché stanno spostando il mondo,
perché stanno salvando il mondo.

Francesca Grillini

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